Luca Nannini

Luca ha 34 anni ed è felice.  Io mi chiamo Anna Buhosu e non sono sua madre.

Conosco Luca da 24 anni. Sono partita dalla Romania, lasciando i miei cari, per cercare lavoro, un’opportunità per il futuro, mio e dei miei figli. Così, dopo mille peripezie, sono entrata a far parte della famiglia di Luca quando lui aveva circa 10 anni.

La prima immagine che ho di Luca è stampata nella mia mente come fosse ieri. Entrando in casa per la prima volta, ho visto un bimbetto smilzo, rannicchiato in un angolo, mi è bastato poco per capire che non alzava mai lo sguardo, non chiedeva mai nulla. Con altrettanta forza ricordo sua nonna, una donna austera, inamovibile sui suoi principi e sulle sue convinzioni. Una personalità autoritaria quanto schiva. Aveva dovuto fare su se stessa una violenza enorme, era infatti stata costretta a chiedere aiuto ad una persona esterna per accudire il marito malato.

Luca è stato cresciuto dai nonni dal momento che la mamma, con una disabilita intellettiva importante, non è mai stata in grado di occuparsi di lui. Il contesto familiare in cui era capitata era molto delicato, complicato. La vita si era accanita oltre modo su questa famiglia e sicuramente, Luca, bambino, ne stava pagando tutte le conseguenze.

La nonna ha sempre gestito la situazione, le dinamiche familiari, a modo suo, ossia chiudendo la porta di casa a tutte le opportunità. Quando il nonno è venuto a mancare, sono rimasta in quella casa anche per seguire Luca, forse ero riuscita a guadagnare un po’ della fiducia di nonna Armida che comunque è sempre rimasta sulle sue concedendomi, per carattere, ben poche dimostrazioni di fiducia o affetto .

Le giornate di Luca erano scandite solo dalla vita scolastica che, bene o male, era organizzata con un insegnante di sostegno. Alla scuola non ci si poteva sottrarre. A tutto il resto si: uscire, alzare la testa e guardare il mondo con altri occhi a Luca non era concesso.

A piccoli passi, ho cercato di farmi spazio, con non poca fatica, cautamente ho proposto attività che avrebbero permesso a Luca di uscire da questo guscio che lo teneva immobile sotto una grande campana di vetro per me,  ala protettrice per la nonna. “È per il suo bene” – sosteneva con convinzione.

 

La svolta

Quando anche la scuola superiore è terminata per Luca sembrava che anche le possibilità di avere una vita propria fatta di amicizie, impegni e occupazioni, fossero definitivamente perdute.  Invece, come un dono dal cielo, un bel giorno, sono venuta a conoscenza dell’A.S.D. Allegra Brigata, Team Special Olympics. Quale migliore occasione per Luca? Dovevo assolutamente afferrarla “con tutte le mie forze” proprio come recita il giuramento dell’atleta Special Olympics.

In effetti, è proprio il caso di dirlo, ho “scalato l’Everest” ma, dopo non poca resistenza, nonna Armida ha dato finalmente il suo consenso alla partecipazione del nipote alle varie attività sportive proposte dal team lucchese. Che gioia per me!

Inizialmente, come era prevedibile, Luca ha riproposto le sue abitudini anche all’interno del Team:  era sempre ai margini, in silenzio e con gli occhi bassi.
Con il tempo, grazie anche alla pazienza, alla professionalità, alla capacità di empatia dei tecnici, dei volontari, degli altri atleti è riuscito a trasformarsi, o meglio a riappropriarsi di se stesso, ad essere finalmente “Luca”: un ragazzo con una propria identità e con una nuova voglia di vivere.

 

Lo sport

Ricordo la prima volta che Luca è entrato in piscina, si è aggrappato con forza a tre volontari che erano lì con lui, aveva paura, era la prima volta che entrava in acqua. La sua prima gara di nuoto fu 15 mt assistiti. Tutto il suo Team ricorda ancora oggi il suo urlo di gioia quando, dal microfono si sentì chiamato a salire sul podio. Il suo primo podio, la sua prima medaglia.

Poi sono arrivati tanti altri podi, altre medaglie, non si contano. Oggi Luca frequenta il Team Special Olympics “L’Allegra Brigata” quasi tutti i pomeriggi e gli sport che pratica sono tanti: bowling, atletica, nuoto, pallacanestro, bocce e tra le discipline invernali: la corsa con le racchette da neve. Il Team continua anche oltre le attività sportive, si organizzano uscite, viaggi, compleanni e feste di ogni genere alle quali Luca è sempre presente con il suo solito entusiasmo. È davvero impressionante quanto sia cambiato, quanto, attraverso lo sport, sia riuscito a superare tutte le timidezze, le paure, le difficoltà relazionali. Oggi Luca è portavoce del Team, viene chiamato a raccontare di Special Olympics nelle scuole.

 

Il presente e il futuro

Luca è decisamente rinato, è uscito dallo stato depressivo che aveva condizionato tutta la sua vita. Oggi frequenta volentieri  anche un centro diurno; “La Bricola”, dove svolge attività artistiche e ricreative. A casa partecipa attivamente alla vita familiare; aiuta nelle piccole mansioni di casa,  dell’orto, degli animali da cortile, del giardino, si da sempre molto da fare. Nel tempo libero ama guardare lo sport in televisione, segue tutti gli sport, ma in particolare il calcio e la sua squadra del cuore è l’Inter.

Luca oggi è un ragazzo, un uomo, uno sportivo felice. Ha raggiunto un buon livello di autonomia, ha rotto quel guscio, si relaziona agli altri con spontaneità, è sempre sorridente, propositivo, si impegna negli allenamenti e aspetta con trepidazione le gare. Aiuta gli altri se c’è bisogno, ama la vita e si vede.

Nonostante tutte le difficoltà, ogni persona ha un potenziale dentro di sé, io non sapevo quello che avrebbe potuto fare Luca, ma il mio cuore mi diceva che doveva uscire di casa, doveva iniziare a far qualcosa, a vivere e poi tutto è arrivato!

La convocazione ai Giochi Mondiali che si terranno a Torino, nella disciplina della corsa con le racchette da neve è come un sogno che si avvera, inaspettato, tanto desiderato.

Mi sono profondamente commossa nel vedere Luca leggere la sua convocazione e, ancora di più, quando alla domanda: “A chi dedichi questa convocazione? Girandosi verso il gruppo ha detto: “La dedico a tata Anna!!!”

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